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Glovo assuma il fattorino come dipendente

A Palermo la prima sentenza che impone a una app di riconoscere la subordinazione dei rider. Ecco l’articolo di Roberto Rotunno per Il Fatto Quotidiano

Il lavoratore era stato “disconnesso” dopo essere diventato un sindacalista molto attivo, avvicinandosi alla Nidil Cgil e rilasciando dichiarazioni alla stampa locale. Ha presentato un ricorso al Tribunale di Palermo. Ora la sentenza secondo cui l’addetto ha diritto a un “posto fisso”. Va oltre a quanto già conquistato all’inizio del 2020 con la pronuncia della Cassazione che riconosceva le tutele ma non la subordinazione

Glovo ha l’obbligo di assumere il suo rider come dipendente, a tempo pieno e indeterminato. Non solo: deve pure pagarlo con uno stipendio orario, quindi non a cottimo come ha fatto finora, e applicare i minimi salariali previsti dal contratto collettivo del Terziario. Arriva a Palermo una sentenza che, a suo modo, è destinata a fare la storia del mondo del lavoro nella gig economy. Perché per la prima volta in assoluto che in Italia un tribunale impone a una piattaforma di food delivery di riconoscere la subordinazione a un fattorino.

La collaborazione di questo fattorino con la multinazionale spagnola è iniziata alla fine del 2018. Circa dieci ore al giorno in sella, pagato con le tariffe “a consegna”. Il sistema per il quale guadagni solo per quanti pasti trasporti, insomma, e non per il tempo in cui sei comunque a disposizione. Nel frattempo, è diventato anche un sindacalista molto attivo, avvicinandosi alla Nidil. Tanto che, a marzo del 2020, dopo aver rilasciato dichiarazioni alla stampa locale che evidentemente non sono piaciute a Glovo, è stato “disconnesso” dalla piattaforma. In pratica, è stato licenziato, gli è stato impedito di fare login e ottenere ordini (e quindi guadagnare). Con gli avvocati Carlo De Marchis, Matilde Bidetti, Sergio Vacirca e Giorgia Lo Monaco, ha presentato un ricorso al Tribunale di Palermo. Già il fatto di aver presentato la causa ha portato i primi frutti: l’azienda lo ha riconnesso al sistema, permettendogli di tornare a lavorare.

Ma a quel punto l’obiettivo della Cgil era dimostrare che questi addetti sono in realtà dei dipendenti, falsamente incasellati nel lavoro autonomo solo allo scopo di risparmiare sui costi. A fine ottobre, la giudice ha proposto a Glovo di assumere il rider come dipendente per chiudere la causa con una conciliazione. Il suggerimento del magistrato, però, non è stato accolto e quindi la questione è stata decisa con una sentenza. Un provvedimento che sorride totalmente al fattorino. Tra Glovo e il ricorrente, si legge, “intercorre un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato da inquadrare nel sesto livello del ccnl Terziario Distribuzione e Servizi”. Il licenziamento è stato dichiarato “inefficace”, pertanto la società è obbligata a reintegrarlo sul posto di lavoro ed è condannata a pagare circa 13 mila euro “a titolo di differenze retributive”.

“Prendiamo atto della sentenza emessa dal Tribunale di Palermo e restiamo in attesa di conoscere le motivazioni in ordine alle quali ci riserviamo ogni valutazione — fa sapere l’azienda al Fatto.it — Ci rincresce tuttavia constatare come tale vicenda sia stata riportata in maniera non corretta, partendo da fatti che non corrispondono alla realtà. Come puntualizzato anche durante le udienze, la sospensione dell’account del rider in questione fa seguito ad una procedura interna automatizzata applicata a tutti i rider. La riattivazione non tempestiva è dovuta a un disguido tecnico a cui si è posto rimedio e che esula totalmente dalla affiliazione sindacale del rider, di cui la società non era a conoscenza, così come dalla presentazione del suo ricorso del rider avvenuto in epoca successiva”.

La notizia arriva proprio mentre al ministero del Lavoro sono in corso le trattative per il contratto nazionale dei rider. Quello firmato tra l’Assodelivery(Deliveroo, Glovo, Uber Eats e Social Food) e l’Ugl prevede che i rider restino autonomi e continuino a essere pagati sul numero delle consegne. L’accordo è stato sonoramente bocciato dai tecnici del ministero, mentre Just Eat si è già smarcata annunciando che dal 2021 assumerà i fattorini come dipendenti. Le altre vogliono proseguire sulla strada, ma il sindacato si augura che la sentenza permetta di invertire la rotta. “Oggi vinciamo tutti — commenta Andrea Gattuso della Nidil Palermo — non soltanto la Cgil, Nidil o il rider, ma tutti gli addetti che in questi mesi si sono mobilitati e hanno tenuto in piedi un ampio settore dell’economia permettendo di tenere aperti locali che avrebbero chiuso. Ci aspettiamo che le piattaforme possano prenderne atto e cambiare registro superando l’impostazione basata sull’autonomia”.

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